Niente conciliazione e arbitrato per i Consulenti del Lavoro?

Da una prima sommaria lettura del nuovo Collegato Lavoro sembra emergere una più ampia varietà di procedure di conciliazione e arbitrato, ma una qualche limitazione all’attività di assistenza del datore di lavoro da parte di noi consulenti del lavoro.

Sintetizzando: la conciliazione e l’arbitrato possono essere effettuati nelle seguenti sedi: Direzione provinciale del lavoro, Commissioni di certificazione (Enti bilaterali, Direzioni Provinciali del lavoro, Province, Università, Consigli provinciali dei consulenti del lavoro), sedi individuate dalla contrattazione collettiva, sedi costituite dalle parti.

Finora noi consulenti eravamo abituati ad assistere il cliente datore di lavoro principalmente in fase di conciliazione informale in sede di DPL o sindacale.

Con la recente approvazione in materia del Collegato Lavoro le nuove procedure potrebbero essere interpretate in maniera restrittiva in relazione alla nostra possibilità di assistenza tecnica a favore del datore di lavoro e quindi sarà probabilmente necessaria una attenta opera di approfondimento da parte degli Organi di categoria che chiarisca invece l’ampliamento delle nostre possibilità quale categoria specializzata in materia.

Per quanto riguarda la conciliazione presso la DPL, l’abrogato art. 410 c.p.c. prevedeva al terzo comma: La commissione, ricevuta la richiesta, tenta la conciliazione della controversia, convocando le parti…..omissis. Il nuovo art. 410 c.p.c. prevede al comma 5: Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un’organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Tale ultima previsione desta perplessità, prevedendo l’assistenza solo per il lavoratore e nulla prevedendo per il datore di lavoro e potrebbe essere interpretata nel senso che, essendo la nuova procedura di conciliazione rigidamente e dettagliatamente determinata in maniera analogica a forme rituali, la stessa ha perso il suo carattere prettamente amministrativo e pertanto solo il lavoratore può farsi assistere dall’organizzazione sindacale. Infatti, mentre la precedente normativa nulla prevedeva in merito alle parti, che potevano quindi partecipare personalmente o farsi assistere secondo le norme generali del mandato, la nuova norma prevede tale clausola aggiuntiva in merito solo alla assistenza del lavoratore, senza nulla specificare relativamente al datore di lavoro e quindi sarebbe inutilmente pleonastica, se non avesse qualche altro significato. Se tale significato fosse quello prospettato, noi consulenti del lavoro non potremmo più assistere il nostro cliente datore di lavoro.

Per quanto riguarda la conciliazione in sede sindacale l’abrogato art. 410 c.p.c. prevedeva al primo comma il caso di chi riteneva di non avvalersi della procedura di conciliazione prevista dai contratti ed accordi collettivi, mentre il nuovo art. 410 non ne fa nomina. La procedura è prevista invece nel nuovo art. 411 c.p.c. stabilendo che se il tentativo si è svolto in sede sindacale, ad esso non si applicano le disposizioni di cui all’art. 410 c.p.c. Inoltre il nuovo art. 412 ter stabilisce che la conciliazione e l’arbitrato possono essere svolte nelle sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni maggiormente rappresentative. La norma potrebbe quindi essere interpretata nel senso che trattasi di disposizione da attuarsi per quanto riguarda sia le sedi che le modalità e pertanto nel frattempo non praticabile. Anche in tal caso verrebbe provvisoriamente meno la nostra attività, nella speranza che in futuro l’attuazione prevista lasci il dovuto spazio di assistenza per la nostra professione.

La nuova conciliazione e il nuovo arbitrato irritale costituite dalle parti di cui al nuovo art. 412 quater prevedono espressamente al comma 5 che il convenuto (in genere il datore di lavoro) deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di pubblica amministrazione, da un avvocato. La norma si riferisce espressamente al solo convenuto che però è in genere il datore di lavoro che noi consulenti del lavoro assistiamo. Pertanto nel caso di collegio di conciliazione o arbitrato formato liberamente dalle parti sembra ci sia espressamente preclusa l’assistenza del nostro cliente.

Infine circa la tanto discussa clausola compromissoria che le parti possono pattuire solo dopo il periodo di prova o, se non previsto, dopo almeno 30 giorni dalla conclusione del contratto, il nuovo art. 412-quater prevede che la stessa debba essere certificata dagli organi di certificazione e che però davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di loro fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato. Anche in questo caso la formulazione della norma destra perplessità. Essendo la possibilità già compresa nelle norme generali del mandato, la norma sembra doversi interpretare in senso sostanziale come “ le parti devono “. Se così fosse il nostro cliente datore di lavoro dovrebbe farsi assistere da un legale oppure dalla sua organizzazione professionale e non da noi consulenti del lavoro.

Concludendo, spero proprio di essermi sbagliato.

Valerio Bergamini

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ringraziamo sentitamente il collega Valerio Bergamini per i  suoi contributi scritti che ci autorizza a pubblicare sul nostro sito.