Cosa pensano di noi …

a cura della Commissione Pari Opportunità  Ancl per la provincia di Padova

 

Una sera, guardandomi attorno in una pausa dello spettacolo teatrale Ballhaus, cent’anni di storia altoatesina rivisitati attraverso musica e balli, scoprii di far parte di una sparutissima minoranza. Non di tipo etnico, ma di genere: poco più di una decina di maschi in una platea traboccante di donne di ogni età.
Dove non le trattengono i muri alzati da una società impostata al maschile, le donne dilagano. E i campi della cultura, dell’educazione permanente, della formazione scolastica e professionale sono inondati dalla loro presenza. Non scalzando uomini, ma avanzando su terreni lasciati scoperti da loro stessi. Gli indici sui consumi culturali, sui livelli scolastici e sull’adesione ad iniziative formative non lasciano dubbi.
Chi può temere questo avanzamento del mondo femminile? Chi può dolersi per il fatto che una parte della popolazione accresca in modo considerevole il suo livello di preparazione in una società definita “della conoscenza”? Chi può disdegnare la dimensione di un tale apporto e la sua portata innovativa in una società che si nutre di cambiamenti?
Questa progressione delle donne dimostra che là dove non avanza, in particolare nella politica e nelle posizioni di potere, ci sono delle dighe che la arginano, che la bloccano. Dighe fatte soprattutto di mentalità e di schemi culturali, prima che di regole scritte. E che vanno tolte. Per il bene di tutti.
Le quote rosa sono una delle leve per aprire le paratie di quelle dighe. Non la più importante, che tali ritengo piuttosto quelle fondate su una maturazione mentale ed emotiva, sia da parte degli uomini che delle donne, ma la più adatta alla situazione attuale, soprattutto italiana. Una momentanea e giustificata forzatura, uno strumento provvisorio che non va neppure lasciato solo, ma accompagnato con altre promozioni dell’incontro tra generi e con iniziative formative rivolte a uomini e donne.
In una riunione del G8 a Reykjavik, indetta per ridurre la fame nel mondo, una ragazza, sconcertando i piani i ministri e diplomatici, ha indotto le delegazioni ad abbandonare il concetto della “riduzione” e a votare per una definitiva eliminazione delle morti per fame. Un salto culturale di enorme portata con i relativi effetti positivi sul piano pratico. Peccato che sia solo la trama di un film, La ragazza nel caffè, di David Yates. Un film, però, molto simbolico e indicativo di quello che può essere l’apporto femminile alla cultura politica. L’empatia per un bambino che muore di fame ce l’abbiamo tutti, ma la donna, con la sua esperienza di madre, ne è particolarmente dotata.
Difficile, però, che una donna da sola faccia storia. Anzi, a volte, per competizione con gli uomini, può assorbirne la stessa mentalità. Ce ne vogliono tante, per far scattare quella condizione in cui la quantità si trasforma in qualità. Perché nessuno può aver dubbi su un patrimonio di pensiero, di sensibilità e di azione al femminile che nella politica e nelle posizioni di potere ci mancano.

Italo Ghirigato

Bz, 08.07.2013

 

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