Importanti chiarimenti dalla Commissione Albo-Ancl-DPL

1. Durc: non è obbligatoria … la parte “obbligatoria” del contratto. –   2. Il riposo giornaliero di norma è consecutivo. –  3.  Non ci sono limiti numerici per il lavoro occasionale.            Tre risposte chiare a tre quesiti importanti posti dai nostri colleghi delle commissioni dell’Ancl e dell’Albo ai funzionari della Direzione Provinciale del Lavoro di Padova. Ecco il resoconto: 

              Il giorno 15 aprile 2010, presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Padova, nell’ambito degli incontri stabiliti dall’istituzione del tavolo tecnico, si sono incontrati i funzionari della Direzione Provinciale, dott.ssa Daniela Pascale, dott.ssa Barbara Impastato e dott. Michele Garruti, coordinati dal Direttore della Sede dott. Roberto Parrella e i rappresentanti dell’Ordine e dell’ Associazione dei Consulenti del lavoro, Maria Grazia Rigato, Luigi Pesavento, Cristiana Michieli, Leonardo Benfatto, Gianni Carraro.

            Su espressa sollecitazione della DPL, si invitano tutti i colleghi ad inoltrare gli eventuali quesiti utilizzando esclusivamente il canale del tavolo tecnico, ricordando che non possono essere richiesti pareri su casi caratterizzati da un grado di specificità che non sia anche indice di problematiche di carattere generale.

            Sempre su richiesta della DPL, si invitano nuovamente tutti i colleghi ad utilizzare il canale della posta elettronica nelle varie comunicazioni. Così facendo si ottimizzano le risorse e l’Ufficio avrebbe modo di inviare direttamente le varie comunicazioni ai Consulenti del Lavoro tramite mail.

            Di seguito, si dà conto degli argomenti trattati relativi a specifici quesiti posti dai colleghi.

Quesito n. 1

 Ai fini del rispetto del Durc inviato dalle aziende alla D.P.L., per accedere ai benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1175, della Legge 27/12/2006 n. 296 (Finanziaria 2007), si chiede se il rispetto del Contratto collettivo nazionale/regionale/provinciale sia integrale, oppure se sia sufficiente il rispetto della cosiddetta “parte normativa” del Contratto (con l’esclusione, pertanto, dell’applicazione di elementi contrattuali quali, ad esempio, Enti Bilaterali e Fondi Sanitari integrativi).

Risposta

Il Ministero del Lavoro è intervenuto più volte sull’argomento, precisando sempre che il rispetto del contratto collettivo viene inteso con l’applicazione della sola parte economica e normativa del contratto stesso e non anche di quella obbligatoria. Secondo l’orientamento ministeriale, che  riprende quello espresso dalla giurisprudenza di Cassazione, devono intendersi obbligatorie quelle clausole contrattuali che non disciplinano direttamente il rapporto di lavoro, ma costituiscono obblighi per i soggetti collettivi contraenti; si tratta, ad esempio, di disposizioni contrattuali relative all’istituzione di enti bilaterali, a commissioni paritetiche e alla costituzione ed al funzionamento di casse integrative di previdenza o di assistenza. Le motivazioni addotte per l’esclusione di questi istituti contrattuali dalla parte economico-normativa del contratto si rilevano dal fatto che simili previsioni non hanno natura retributiva per la contribuzione prevista per il loro finanziamento e per le prestazioni erogate.

 Quesito n. 2

Il 2° periodo dell’articolo 7 del Dlgs 66/2003, stabilisce che il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata. Qual è l’esatta portata di questa norma?

Se l’attività si svolgesse in due o più turni (esempio di mattina e poi di pomeriggio e di sera) non vi  sarebbe l’obbligo del riposo di 11 ore consecutive per il personale?

Se fosse così la norma impedirebbe solo ai dipendenti di attività con orario di lavoro continuativo, di lavorare continuativamente più di 13 ore al giorno (pause ex articolo 8 Dlgs 66/2003 comprese).

Esempio: orario di lavoro:

  • dalle 09,00 alle 11,30 = 2,5 ore
  • dalle 16,00 alle 17,30 = 1,5 ore;
  • dalle 21,00 alle 01,00 = 4 ore;
  • totale 40 ore settimanali

Risposta

In generale, il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo salvo che per  le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, ossia per quelle attività che per loro natura sono svolte in tal modo come, in particolare, l’attività del personale addetto alle pulizie.

Questo principio è stato posto dal Legislatore a tutela della salute del lavoratore, pertanto, la deroga prevista dalla norma non può dipendere dall’organizzazione aziendale, ma deve essere necessitata dalla particolare natura della prestazione.

Infatti, la condizione posta dall’art. 17, comma 4, del D. Lgs. 66/2003 è che le eventuali deroghe debbano prevedere comunque “periodi equivalenti di riposo compensativo” o comunque una protezione appropriata.

Il Ministero del Lavoro (interpello 36/2009) ha chiarito, poi, che il principio della durata del riposo giornaliero, così come quello della sua consecutività, può essere derogato dai Contratti Collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, alla luce della espressa previsione dell’art. 17 del D. Lgs. 66/2003.

Quesito n. 3

La nostra azienda opera anche nell’ambito del Turismo sociale, ed in particolare nella fornitura di servizi alberghieri a gruppi religiosi (parrocchie, movimenti, altri gruppi organizzati).

In ragione del servizio alberghiero “semplificato” da noi svolto e concordato con il cliente in fase di trattativa, ci si avvale prevalentemente di “studenti” con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l’università o istituti scolastici di vario ordine e grado; tale forza lavoro costituisce circa l’80% dell’organico impiegato nei vari Hotel (camerieri sala, cameriere ai piani, aiuti cuoco e addetti alla cucina, addetti al ricevimento) durante il periodo compreso dal 1° giugno al 30 settembre di ogni anno.

Si precisa inoltre che la disponibilità di detta categoria è limitata, nella maggioranza dei casi, a circa 2-3 settimane di lavoro; esiste pertanto nell’azienda un altissimo turnover di personale, con conseguente appesantimento dell’attività amministrativa/burocratica (contratti di lavoro, registrazione nel libro unico del lavoro nonché tutti gli adempimenti conseguenti al lavoro subordinato).

Costituendo la categoria degli “studenti” un requisito per poter utilizzare, da parte di aziende di qualsiasi dimensione, lavoratori occasionali di tipo accessorio, si chiede un chiarimento in merito ai limiti economici in capo al Committente, stante che la normativa nulla dice in merito.

In particolare, ci si chiede se il limite economico di Euro 5.000,00 netti sia riferito solo al lavoratore, il quale può svolgere attività di lavoro occasionale fino a detto importo per singolo committente nell’anno solare o, secondo un’interpretazione “restrittiva” della norma,  debba essere riferito anche al Committente, il quale non potrebbe complessivamente pagare cifre superiori a 5.000,00 Euro (sommando tutti i compensi erogati ai lavoratori “occasionali” di tipo accessorio).

In secondo luogo, si chiede se il rapporto tra Committente e lavoratore (in particolare orario di lavoro, disciplina in merito al lavoro di minori che abbiano compiuto i 16 anni sedici età, retribuzione), sia lasciato alla libera trattativa delle parti o se si debba in un qualche modo far riferimento, per analogia, al C.C.N.L. del settore di appartenenza ed alla normativa di legge applicabile al rapporto di lavoro dipendente

In realtà, posto che il quesito mi perviene dal un’azienda del settore turistico, è estendibile a qualsiasi settore.

In sostanza, posto il rispetto dei limiti di cui all’art.70 della legge Biagi, può un’azienda far ricorso in maniera massiccia (e per estremo integrale)a prestazioni di lavoro accessorio?

Risposta

L’art.70 del D.Lgs 276/2003 nel definire le prestazioni di lavoro accessorio, ne pone indirettamente i limiti. La prestazione oggetto di lavoro accessorio dev’essere in primis “occasionale” e lo stesso comma 2 del citato articolo definisce occasionali “le attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare”. Tale limite di 5.000 euro nel corso dell’anno solare va riferito al rapporto committente/lavoratore; il lavoratore pertanto può svolgere attività di lavoro occasionale fino a detto importo per singolo committente nell’anno solare.

Non sussiste pertanto alcun limite economico in capo al committente, ad eccezione di quanto previsto dal comma 2 bis dell’art. 70 per le imprese familiari.

Oltre al citato requisito il comma 1 dell’art.70 stabilisce gli ambiti lavorativi e soggettivi in presenza dei quali una prestazione occasionale può essere inquadrata come “lavoro accessorio”.

Non si rinvengono nella fonte legislativa limiti diversi da quelli citati, ed in particolare non si rinviene un limite per l’azienda tale per cui la stessa non potrebbe superare una certa proporzione tra lavoratori occasionali e non occasionali.

Ove l’attività economica lo permetta (es. scarsa specializzazione, mansioni che non richiedono particolari periodi di addestramento ecc.) nulla osta ad un utilizzo anche massivo dell’inquadramento in discussione.

Non esiste poi una correlazione specifica tra il valore di un “buono lavoro” o “voucher” e il valore di una singola ora di lavoro, in quanto, benchè l’art.72 del Decreto Legislativo prescriva astrattamente che il valore del voucher sia “stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle di cui all’articolo 70…” tale previsione è risultata inapplicata nella pratica, non esistendo un voucher di valore diverso per ogni categoria. Se ne deduce che il valore del “voucher” è “assoluto” ovvero non relazionato a criteri temporali o di mansione.

Pertanto è lasciata all’autonomia delle parti la determinazione del compenso; il committente e il prestatore potranno adottare pertanto un criterio di corrispondenza tra prestazione e retribuzione attraverso i buoni, di tipo orario, giornaliero o a forfait per l’intera prestazione.

La normativa vigente sul lavoro minorile richiede, inoltre, il certificato medico di idoneità al lavoro, che in corso di rapporto sia rispettato il riposo settimanale, l’orario massimo di lavoro giornaliero e settimanale, e in genere tutte le prescrizioni previste dalla normativa speciale.